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E’ l’amore che salva!

Misericordia voglio non sacrificio!

Don Massimo Vecchini, prete della diocesi di Fiesole che da un paio di anni presta servizio nella nostra diocesi di Verona, ha tenuto una meditazione in parrocchia, durante il cammino quaresimale di catechesi per adulti. Don Massimo ha proposto una riflessione a partire dal titolo della lettera di papa Francesco per questo tempo forte in preparazione alla Pasqua.

Ecco una breve sintesi del suo intervento che ha coinvolto una trentina di adulti e che alla fine ha suscitato un bel confronto tra i presenti.

Per salvarsi bisogna soffrire! E’ una frase che sembra riassumere una certa visione di fede che abbiamo sentito forse tante volte ma che se resa assoluta ci porta in direzione opposta alla proposta del Vangelo di Gesù.

E’ bene ricordare che la parola “vangelo” significa letteralmente “buona notizia”, e allora è difficile considerare come “buona” una visione che mette al centro principalmente la sofferenza come via di salvezza.

E’ proprio papa Francesco con il suo messaggio per la Quaresima 2016 a stimolare una nostra conversione riguardo un modo errato di intendere la sofferenza in rapporto a Dio, e lo fa riprendendo una frase detta da Gesù che troviamo nel capitolo 9 del Vangelo di Matteo: “Misericordia io voglio e non sacrificio”. Gesù usa questa frase pescandola a sua volta dal profeta Osea, al capitolo 6 del suo libro.

Gesù pronunciando questa frase sta parlando ai farisei, uomini che si consideravano vicini a Dio e perfetti osservanti della Sua legge. Essi lo criticano per la sua vicinanza ai peccatori e a coloro che erano considerati “maledetti” da Dio, i pubblicani. Gesù mette al centro della sua azione proprio la misericordia, cioè l’amore incondizionato e totale per tutti, e specialmente per coloro che sono i più dimenticati ed esclusi. E’ l’amore che salva e che fa sentire amati da Dio. Questo i farisei con la loro rigidità spirituale lo hanno dimenticato. Ma Gesù è fermo in questo suo proposito di amare totalmente, anche a costo di pagare di persona, anche a costo del sacrificio della vita. Ed è qui allora che interviene il sacrificio, come via e non come fine della vita spirituale che ha solo nell’amore misericordioso il suo fine ultimo. Dio non vuole sacrifici fine a se stessi, vuoti contenitori di pratiche religiose. Non serve il sacrificio se questo non ha come fine l’amore, per Dio e per il prossimo.

Tutta la storia prima di Gesù narrata dalla Bibbia, ci parla proprio di questo. I profeti sorti numerosi nel popolo di Israele, sono mandati da Dio per ricordare al popolo che proprio nella fedeltà all’amore di Dio c’è la via della salvezza storica e anche futura. Senza amore si diventa schiavi di leggi inique, di guerre che dividono, di scontri e di chiusure. E tutto questo il popolo di Israele lo ha sperimentato tutte le volte che ha dato le spalle a Dio e alla sua parola. Il popolo infatti sperimenta spesso la perdita della libertà, la deportazione e la schiavitù, ogni qual volta si allontana da Dio e rompe l’alleanza d’amore.

Gesù, venendo in mezzo al popolo, è l’ulteriore definitivo tentativo di Dio di ristabilire questa alleanza d’amore, un amore che è pronto a tutto, compresa la croce, ma che ha come ultima parola non la morte ma la vita.

Ecco dunque dove sta il senso dell’espressione “misericordia io voglio non sacrificio”, che può diventare davvero lo stile di vivere non solo la Quaresima ma ogni momento della nostra vita cristiana.

Dio, come diciamo nella preghiera del Padre Nostro, realizza la sua volontà nell’amore. Quando diciamo “sia fatta la tua volontà”, chiediamo al Padre celeste che realizzi la sua volontà di misericordia e non di sofferenza, perché è proprio nella misericordia che siamo salvati.

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don Massimo durante l’incontro in parrocchia il 26 febbraio scorso

qui sotto un interessante testo di riflessione sul tema

Non è la sofferenza che salva (di Carlo Molari)