Guardando il presepe vediamo Dio e vediamo l’uomo, vediamo chi siamo veramente noi secondo il disegno di Dio. E riscopriamo che la nostra non è una religione ma una fede.
Appunti dalla catechesi di padre Francesco La Vecchia, priore provinciale per il Sud Italia dei frati predicatori Domenicani, tenuta presso la nostra parrocchia.
Quale effetto abbiamo davanti al presepe, tradizione tipica in queste feste natalizie??
Davanti alla rappresentazione plastica della nascita di Gesù si ritorna tutti bambini.
Davanti all’umanità di un bambino che nasce si rimane sempre stupiti.
Al centro del presepe c’è Dio che si fa uomo nel modo più inaspettato. Questa modalità di mostrarsi di Dio è in aperta opposizione al modo in cui si mostra Dio nelle religioni pagane del tempo di Gesù. Nel paganesimo infatti gli uomini proiettavano nelle divinità i propri pregi e difetti e costruivano con esse un legame fatto solamente di regole e riti. Da questo “legarsi” nasce il termine “religione”. Ma nel cristianesimo non è così. La nostra non è una religione ma una fede. La nostra la chiamiamo religione ma non nel senso pagano. Spesso le religioni (legarsi a …) deformano la visione di Dio e il vero legame di Dio, riducendolo a regole da rispettare con premi e punizioni. La nostra invece è prima di tutto fede.
Fede è una delle tre virtù teologali (insieme a Speranza e Carità) che sono dono di Dio. Queste virtù sono il modo nel quale Dio ci ha programmato nell’intimo (usando un linguaggio moderno riferito ai computer). La Fede, insieme alla Speranza e alla Carità le abbiamo già scritte dentro da Dio quando ci ha pensati e creati.
Tutti abbiamo la fede, non è solo per qualcuno di più fortunato. Ogni essere umano ha la possibilità di credere in Dio. L’umanità che abbiamo è la nostra carta per conoscere Dio. Per questo motivo Dio si fa uomo.
La nostra fede non è solo un qualcosa di emotivo (a tratti superficiale) ma è una emozione razionale, profonda che quindi si può può conoscere e capire. Nella nostra vita umana, come esseri umani, possiamo conoscere Dio, perché Dio si è fatto essere umano. La croce, al termine del cammino umano di Gesù è questo: assumere la nostra umanità e nello stesso tempo l’umanità di Gesù.
Primo elemento fondamentale della nostra esperienza umana è la relazione.
La nostra umanità la verifichiamo solo nelle relazioni. Non possiamo esistere se non “con” qualcuno, e in relazione “con” altri. La nostra identità umana è fatta di relazioni, proprio come Dio che in se stesso è Trinità intima e totale di Padre, Figlio e Spirito Santo, in una relazione così forte da essere un solo Dio.
Questa nostra realtà umana profonda fatta di relazioni ci riporta quindi a Dio stesso.
La nostra vita umana di fede quindi non è solo un aggrapparsi a regole (religione) ma è legata alla nostra verità profonda, alle verità che abbiamo dentro, e che Dio ha scritto.
Ultimamente si parla molto della Chiesa che deve essere “in uscita”, e questo non è solo un “fare delle cose”, ma è uscire andando verso l’altro come me.
L’umanità che viene fuori dal Vangelo ci fa capire che non tutto è uguale, cioè bene e male, scelte per il bene e scelte per il male, ma ci dice che siamo fatti principalmente per il bene, il vero, il giusto… non tutto è sullo stesso piano! Ogni uomo, credente o non credente, è come ci mostra Gesù nel Vangelo, cioè chiamato a spendere la propria umanità per il bene, per ciò che è giusto e vero.
Tutta la Bibbia ci racconta come Dio organizza la Salvezza dell’uomo, come fa emergere l’umanità vera dell’uomo nel corso dei secoli e attraverso le varie vicende storiche che racconta.
Il bambino Gesù nel presepe ci ricorda che umanamente abbiamo bisogno l’uno dell’altro, siamo bisognosi di relazioni, che non possiamo sopravvivere da soli. L’adulto ha il falso mito dell’autosufficienza e del farcela da solo. Ma non è così nella nostra vera umanità e questo ce lo ricorda e ce lo racconta il presepe a Natale.
La relazione umana è riconoscere il valore dell’altro e diventarne il custode (ricordiamo il racconto della Genesi quando Caino è chiamato ad essere custode del suo fratello Abele)
Siamo sempre i custodi del prossimo che ci è affidato da Dio, anche se non conosciamo l’altro.
L’altro è prezioso perchè è specchio della nostra umanità. Tutti siamo nella medesima barca dell’umanità, e se affonda uno da una parte alla fine affondiamo tutti! Non posso non prendermi cura dell’altro che è anche in me.
Dio si fa uomo in Gesù per insegnarci di nuovo come essere veri uomini nel modo più bello e vero.
Il peccato secondo San Tommaso è voltare le spalle al prossimo, interrompere la relazione con Dio e con il prossimo.
La diversità è parte dell’esperienza umana. L’altro è sempre altro da me, e con me l’altro pur nella sua particolarità cerca con me l’umanità. Prendersi cura dell’altro è scritto dentro di me.
Qual è la differenza tra semplice filantropia e carità cristiana? La carità non è elemosina ma è l’identità di Dio stesso. Dio è carità, Dio è fatto di carità, Dio è fatto di amore! E l’amore più grande è dare la vita. L’amore genera amore e genera persone che amano. Così ci insegna Gesù.
Nel nostro DNA c’è amare ed essere amati, come fa Dio stesso.
La nostra umanità è quindi raccontata nel Vangelo, e Gesù lo insegna con le parole e con i fatti: siamo fatti per amare totalmente e profondamente.
Guardando ancora al presepe il bambino Gesù ci richiama alla sua umanità. Ogni bambino è semplice cioè diretto, senza filtri, senza finzioni, senza secondi fini. Questo è Gesù.
Il Vangelo del Natale ci invita dunque ad un nuovo umanesimo, è scuola di rinnovamento umano in un contesto attuale spesso disumano e disumanizzante.
Il Vangelo del Natale ci riporta a quello che siamo veramente, alla nostra identità iniziale scritta dentro di noi, dentro ogni uomo.
Se la parola religione ci riporta ad un elenco di regole e schemi da adempiere, la fede è qualcosa di molto diverso e più grande. Riscoprire la nostra umanità ci porta ad essere testimoni sullo stile di San Giovanni Battista (come dice il vangelo di Giovanni)
Riappropriarmi dell’umanità significa avere gli stessi sentimenti di Cristo Gesù (come dice Paolo ai Corinti). Il Vangelo se non lo trasformiamo in fatti concreti umani diventa inutile. Dio allora ci fa “lo scherzo” di metterci in situazioni che ci provocano umanamente per tirare fuori la nostra vera umanità, quella che Dio ci ha messo dentro.
Il Vangelo ci chiede di essere umanamente elastici e dinamici, mai rigidi e chiusi. La relazione ci obbliga ad aprire la nostra umanità nella continua attenzione al prossimo, come Gesù.
L’umanità di Gesù non è stata subito compresa e accettata, anzi ha pagato per questa umanità aperta e disponibile. Ma questo è il vero modo di vivere il nostro essere uomini. Maria, la madre umana di Gesù, è esempio di questa umanità aperta e disponibile. Non comprende tutto subito, ma si rende disponibile in modo fiducioso e speranzoso.
(appunti durante la catechesi non rivisti dal predicatore)
Parrocchia di Moniga del Garda
domenica 17 dicembre 2017