La pandemia ha cambiato le nostre vite non solo per quanto riguarda il lavoro e la vita sociale, ma anche il modo di vivere la stessa fede cristiana, nei modi e anche negli spazi. Forse non tutto è negativo e forse la perdita di certe abitudini ci porta a riscoprire qualcosa di nuovo, qualcosa che ci avvicina ancora di più a Gesù.
Una parrocchiana ci offre qualche riflessione su come lei ha vissuto in questi mesi
Ci è mancata molto la messa domenicale durante la pandemia, la possibilità di ritrovarci come comunità nel luogo di culto del nostro paese e di incontrare Gesù nel gesto intimo dell’Eucaristia. Una sorta di “silenzio liturgico”, interrotto solo dalle messe in streaming e, per i più attenti, dal moltiplicarsi creativo di incontri e proposte in rete.
Ma la pandemia aveva reso più silenzioso anche il mondo, nella pausa forzata che aveva interrotto tutto e svuotato le nostre vite del senso di onnipotenza, che ci aveva costretti a non dare più nulla per scontato nelle nostre giornate, nei nostri progetti per il futuro, nelle nostre relazioni.
Ora che con prudenza la vita ha ripreso a scorrere e le chiese si sono riaperte, mi chiedo quale speranza si celi dietro il dramma collettivo che abbiamo vissuto.
Ecco, per ogni credente è stata forse la possibilità di affrontare con coraggio una domanda radicale: Abbiamo dovuto ridefinire nel tempo e negli spazi le nostre relazioni con la realtà e con gli altri, come ridefinire la nostra relazione con Dio, visto che può anche accadere di non poter più incontrarlo nel luogo sacro per eccellenza, cioè in chiesa?
Mai ci saremmo posti una domanda simile, se non fosse arrivato il Covid 19.
Nelle mie riflessioni pensavo che anche Gesù, quando vuole pregare, non sceglie uno spazio sacro, un luogo di culto; spesso si ritira in luoghi solitari e consiglia ai discepoli di preferire il silenzio raccolto della propria stanza per vivere la dimensione della preghiera.
Da lì la forza rinnovata per uscire nel mondo e annunciare la Parola.
È Gesù stesso che sembra dirci che lo spazio sacro non è solo il tempio, la chiesa per noi. Naturalmente senza nulla togliere alla bellezza del culto e alla gioia del ritrovarsi insieme a celebrare la memoria del dono definitivo di Cristo.
Lo “spazio sacro” può essere semplicemente dove si lascia entrare Dio, senza aspettare che arrivi la domenica per incontrarlo.
Allora è anche ogni luogo della nostra casa, dove per un attimo ci siamo fermati a pregare o dove ci si è scambiati gesti e sguardi amorevoli, è la vicinanza che si crea con parole e sorrisi, pur dovendo rimanere distanti fisicamente, è ogni luogo la cui bellezza ci ricorda che Dio ce ne ha fatto dono e che ci soffermiamo a contemplare, è il dialogo intimo con Dio, il nostro spazio interiore …
Penso che ognuno di noi possa crearsi i suoi personali “spazi sacri” in cui incontrare Dio, e forse è questa l’opportunità offertaci dall’esilio forzato dei mesi della pandemia: la riscoperta di un modo nuovo, più profondo e consapevole di vivere in sintonia con Dio.
Mi piace pensare che gli “spazi sacri” di ognuno si ritrovino nella messa domenicale e che siano proprio quelli a rendere sacro lo spazio fisico della Chiesa, a renderlo un luogo di vero incontro con la forza vivificante della Parola
(una parrocchiana)
Se vuoi mandare anche tu una tua testimonianza e riflessione su come hai vissuto questo tempo di pandemia, scrivi all’indirizzo della parrocchia