Il cero pasquale 2021 della nostra parrocchia di Moniga è ricco di significati. Ci aiuta a vivere la grande preghiera della Veglia nella quale è il segno più solenne. Questo cero, segno della luce della resurrezione di Cristo, ci accompagnerà per tutto il tempo di Pasqua fino a Pentecoste.
Il Cero Pasquale rappresenta il Cristo Risorto che annuncia: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).
La sua solenne accensione avviene nella Grande Veglia Pasquale, dove la Chiesa, immersa nelle tenebre della Notte Oscura, si prepara ad accogliere Cristo, il Risorto, Colui che ha vinto per sempre la morte per donare a ciascuno di noi la Sua stessa Vita, quella Redenta, quella che non avrà mai fine.
All’inizio della Santa Veglia il sacerdote benedice il fuoco da cui attinge la fiamma perché la Luce di Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito e il tizzone di carbone che, posto nell’incenso, avvolge ogni credente con il Buon profumo di Cristo.
CRISTO è LA LUCE DEL MONDO; con questa invocazione, il Cero acceso, percorre l’aula della chiesa che, al suo passaggio, inizia ad illuminarsi con tante piccole fiammelle che si diffondono dalla grande fiamma.
Questa è la notte che salva su tutta la terra i credenti nel Cristo dall’oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo,
li consacra all’amore del Padre e li unisce nella comunione dei santi (Preconio)
Raggiunto il Santo dei Santi, il presbiterio, il cero viene deposto accanto all’ambone dal quale si proclama l’EXULTET, l’annuncio solenne della Pasqua: Cristo è Risorto, è veramente Risorto!
Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro.
O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore! (Preconio)
Il preconio Pasquale è una lode al cero Pasquale, l’offerta solenne del cero Pasquale, che canta:
In questa notte di grazia accogli, Padre santo, il sacrificio di lode,
che la Chiesa ti offre per mano dei suoi ministri,
nella solenne liturgia del cero,
frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce.
Riconosciamo nella colonna dell’Esodo
gli antichi presagi di questo lume pasquale
che un fuoco ardente ha acceso in onore di Dio.
Pur diviso in tante fiammelle non estingue il suo vivo splendore,
ma si accresce nel consumarsi della cera
che l’ape madre ha prodotto
per alimentare questa preziosa lampada.
Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero,
offerto in onore del tuo nome
per illuminare l’oscurità di questa notte,
risplenda di luce che mai si spegne.
Salga a te come profumo soave,
si confonda con le stelle del cielo.
Lo trovi acceso la stella del mattino,
questa stella che non conosce tramonto:
Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena
e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.
Nessun vantaggio per noi essere nati, se lui non ci avesse redenti.
Davvero era necessario il peccato di Adamo,
che è stato distrutto con la morte del Cristo.
Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!
O notte beata, tu sola hai meritato di conoscere
il tempo e l’ora in cui Cristo è risorto dagli inferi.
(Preconio Pasquale)
Nella parte bassa del Cero Pasquale è rappresentata la Discesa agli inferi di Cristo dove, con la sua venuta negli abissi della morte mette a morte l’Ade con il fulgore della Sua divinità.
Nell’Ufficio delle Letture del Sabato Santo, l’antica omelia descrive bene questo evento che accade nelle profondità degli inferi, quando sulla Terra regna solo Silenzio e Solitudine.
Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi.
Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell’ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione.
Il Signore entrò da loro portando le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito». E, presolo per mano, lo scosse, dicendo: «Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà.
Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti, non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un’unica e indivisa natura.
Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti. Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce. Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta.
Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all’albero. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire Eva dal tuo fianco. Il mio costato sanò il dolore del tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell’inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te.
Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita, ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono. Ho posto dei cherubini che, come servi, ti custodissero. Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio.
Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l’eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli».
All’apice del Cero, come prevede la prassi liturgica, deve essere posta la croce con l’indicazione dell’anno in corso, perché il mistero della Pasqua accade nell’oggi della nostra storia, in un anno e un tempo precisi, avendo la certezza che il Cristo Risorto è l’alfa e l’omega della Storia stessa, il suo principio ed il suo compimento.
Questa croce è inscritta in una forma che richiama le antiche vasche battesimali ad immersione, nelle quali il catecumeno veniva totalmente immerso, proprio nella notte della Veglia Pasquale, dopo essersi preparato per tutto il tempo quaresimale a questo momento.
Questa croce con le scritte phôs (luce) e zōé (vita) veniva data ai catecumeni che, insieme alla veste bianca, la indossavano per una settimana, fino alla Domenica in Albis, la domenica dopo Pasqua, nella quale deponevano le vesti bianche ricevute nel battesimo.
Nella messa vespertina di Pentecoste, o dopo i secondi vespri, il sacerdote introduce la liturgia della luce per il rito dello spegnimento del cero Pasquale con le seguenti parole:
Fratelli e sorelle, nella notte che ha dato vita al «lietissimo spazio» del Tempo Pasquale, il giorno di cinquanta giorni, all’accensione del cero abbiamo acclamato a Cristo nostra luce. E la luce del cero pasquale ci ha accompagnati in questi giorni e ha contribuito a ricordarci la grande realtà del mistero pasquale.
Oggi, nel giorno di Pentecoste, al chiudersi del Tempo di Pasqua, il cero pasquale viene spento.
Questo segno ci viene tolto, anche perché, allenati alla scuola del Maestro Risorto e infuocati dal dono dello Spirito Santo, ormai dobbiamo essere noi luce di Cristo che si irradia e, come colonna luminosa, passa nel mondo, in mezzo ai fratelli, per guidarli nell’esodo verso la Terra promessa.
Vedremo ancora, nel corso dell’anno liturgico, risplendere la luce del cero pasquale soprattutto in due importanti momenti del cammino della Chiesa: per la prima Pasqua che vivranno i suoi figli nel battesimo, e per l’ultima Pasqua quando, con la morte, faranno ingresso nella vera vita.
Degnati, o Cristo, dolcissimo Salvatore, di accendere le nostre lampade; costantemente nel tuo tempio rifulgano, alimentate da te, che sei la luce eterna. Siano rischiarati gli angoli oscuri del nostro spirito e siano fugate lontano da noi le tenebre del mondo. Fa’ che vediamo, contempliamo, desideriamo te solo, te solo amiamo, sempre in attesa fervente di te, che vivi e regni con il Padre, nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli.
Amen
(testo e decorazione del cero pasquale a cura di Fabiana Vezzola)